Parole Sommerse DOPPIO LINGUAGGIO

Non riuscivano a risalire al codice d’accesso. Per quanto la Madre del Ragionamento computasse l’infinito delle variazione alfanumeriche, per quanto tentasse di ristabilire il contatto, la medusa non rispondeva. Riusciva a vederla ancora attraverso le seacam installate negli occhi degli sgombri stupiti, delle sardelle di passo che danzavano come stormi di uccelli, degli squali della preistoria meccanica che rasentavano la superficie affinché l’antenna della pinna dorsale non perdesse il campo del telecomando. La vedeva ma non riusciva più a comunicarle gli ordini di rotta. Si era sganciata e galleggiava senza governo nel liquido amniotico che una volta era stato il mare. Il sensore galvanico di un pesce luna registrò la corrente irritante dei suoi tentacoli cibernetici, trasmise le coordinate di un movimento. La Madre del Ragionamento ebbe una vertigine da cortocircuito perché nell’algebra del suo disco rigido non era contemplata la libertà. I suoi chip s’arroventarono, le memorie, una per una, andarono in fumo e per sempre si perse l’armonia delle sillabe, il significato delle parole, gli automatismi delle domande e delle risposte, della prosa e della poesia. Persino la matematica si scombussolò lasciando ai numeri libertà di scelta secondo accoppiamenti spontanei di cifre che non raccontavano quantità ma solo l’estetica dei simboli. Le gerarchie di comando si sovrapposero nella confusione di ordini e contrordini, gli input diventarono output, le stringhe tornarono ad essere lacci per le scarpe e il mondo si resettò.
La medusa osservò il caos, attese ancora che la natura modificata perdesse l’ultimo abbrivio dell’evoluzione, poi cominciò a trasmettere il Verbo. E tutti i pesci meccanici la seguirono come se fosse una cometa, le andarono dietro perché nei suoi tentacoli si nascondeva la redenzione. Scendevano giù, nell’abisso, dove incubava il nuovo mare.

Giosuè Calaciura