Segni

Le parole sono pietre, si dice. No le parole, in questo caso, sono solo segni, proprio segni. Segni salvati al naufragio del mondo, scarnificati e resi come in epifania a salvarlo il mondo attraverso la memoria persistente della tela e del duro. Queste parole che insegui in un baleno, che ritrovi negli spazi limitati ed infiniti qui, nel gioco prospettico di Renzo Bellanca, conservano il mondo in decomposizione e ce lo rendono leggibile ancora per un po’ .
Osservi una lettera, cogli una frase che si frange, ti perdi in un colore che si smaglia e poi insegui ancora un senso, un significato un ricordo, una memoria del mondo; unica cifra di leggibilità è il dettaglio, unica strada per la comprensione è l’archeologia dei residui.
Insegui, insegui i segni tracciati dagli uomini, ricomponili, sappili leggere, impara di nuovo a decifrarli se puoi.
Ecco allora i nomi in codice, quelle lettere assommate, esoteriche, oniriche, segni grafici della ricerca infinita del significato segreto del mondo, o di un suo baluginare almeno: “Dateci un segno, lasciateci una memoria”. E noi che avevamo perduto lo sguardo dietro all’oblio torniamo ad annotare i segnali nel buio della nostra notte.
Questo ci dice, questo ci sembra ci dica, Renzo Bellanca navigatore dei segni perduti, rabdomante delle lettere mancanti, profeta del mondo che troppo ha scritto, che troppo ha parlato e che ora, nella babilonia dei linguaggi perduti, sfinito, offre solo residui alla comprensione, tracciati probabili, o incongrui, sentieri del pensiero per chi ha voglia, chi sa, e ancora vuole, osservare eleggere il mondo perduto nelle cifre, e nelle oscure parole, che dietro ad ogni oscurità celano, forse, la ragione del loro e del nostro esistere.

Luigi Galluzzo